Con il provvedimento che dispone la riduzione dell'assegno versato a titolo di contributo al mantenimento dei figli, se da un lato non può non prendersi atto del peggioramento delle condizioni dell'obbligato sotto il profilo reddituale, dall'altro deve tenersi altresì conto delle esigenze di vita e di mantenimento dei figli, destinate ad incrementarsi con la crescita.
La regola dell'affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall'art. 155 c.c. con riferimento alla separazione personale dei coniugi, ed applicabile anche nei casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall'art. 4, comma 2, l. 8 febbraio 2006 n. 54, è derogabile solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l'interesse del minore", come nel caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento in favore dei figli minori ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono sintomatici della sua inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l'affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente.
La pronuncia della decadenza dalla potestà genitoriale non altera i doveri di assistenza del genitore decaduto, penalmente sanzionati; tale provvedimento non incide sulla responsabilità penale e, pertanto, non preclude la commissione del reato di cui all'art. 570, commi primo e secondo, c.p. e non ne fa venire meno la permanenza.
La madre che impedisce l'affidamento temporaneo del bimbo al papà, nei giorni e nelle ore stabilite dal giudice civile, non incorre in alcuna responsabilità penale se giustifica il suo contegno con l'esigenza di aver voluto tutelare la salute del minore, che costituisce bene prevalente, la cui difesa può proteggere la mamma da eventuali accuse di aver eluso l'esecuzione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria (art. 388, comma 2, c.p.).
La madre, investita, in seno al giudizio di separazione personale, dell'affidamento condiviso con il coniuge, che estrometta questtultimo - da lei accusato, fra llaltro, di presunti ed ancora del tutto indimostrati abusi sessuali in danno della figlioletta comune (una bambina di soli quattro anni) - da ogni partecipazione alla cura della figlia, rendendo anche assai difficoltoso ogni contatto di lui con questtultima, ed arrivando, senza avvertire né il padre, né llautorità giudiziaria, né i servizi sociali, a sottoporla ad una visita ginecologica invasiva, dolorosa e che ha traumatizzato non poco la minore, viola palesemente e gravemente i canoni sociopsiconormativi che regolano llaffidamento condiviso: a lei va irrogata, ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. (l. 8 febbraio 2006 n. 54) la sanzione amministrativa pecuniaria, in favore della Cassa delle ammende, di soli 1.500,00 euro, sanzione quantificata in tale ridotta misura in considerazione della possibilità (ancora astratta) che, pur essendo la madre venuta meno ai doveri ed agli obblighi collegati all'affidamento condiviso, il comportamento del marito/padre abbia ad essere dichiarato conforme alle accuse contro di lui formulate.
Difettano dei requisiti di decisorietà e definitività e non sono ricorribili ai sensi dell'art. 111 cost. i provvedimenti adottati in sede di reclamo nell'interesse del minore, persino ove si intenda far valere, con il ricorso, la lesione del diritto processuale di azione. È inammissibile, pertanto, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento (in sede di reclamo) in tema di sospensione delle visite del minore ai nonni. Il procedimento, infatti, rientra nella giurisdizione volontaria, in quanto non volto a risolvere un conflitto tra diritti posti su un piano paritario, bensì preordinato all'esigenza prioritaria di tutela degli interessi del minore, come tale non suscettibile di tradursi in una decisione con attitudine al giudicato, neppure "rebus sic stantibus" perché modificabile e revocabile, non solo "ex nunc" per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche "ex tunc", per un riesame di merito o di legittimità delle originarie risultanze.
In tema di separazione tra coniugi, il coniuge tenuto al versamento di un assegno di mantenimento non può ritenersi esonerato dal relativo obbligo nei confronti dell'altro coniuge qualora questi riceva aiuti economici dalla propria famiglia di origine, specie allorché tale aiuto sia reso necessario dalla esiguità del reato del beneficiario, dalle sue assai precarie condizioni di salute e dalla modesta entità del mantenimento erogato dal coniuge.
Su un caso di procedimento penale relativo ad abusi sessuali su minori, constata che la durata eccessiva delle indagini preliminari costituisce violazione dell'articolo 8 CEDU, relativo al rispetto della vita privata e familiare, quando comporti un prolungamento irragionevole della sospensione della potestà genitoriale e la separazione dell'indagato con la propria famiglia, quanddanche le vittime del reato ipotizzato siano proprio componenti del nucleo familiare.
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