In tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, la legge n. 54 del 2006, dichiarando applicabili ai relativi procedimenti le regole da essa introdotte per quelli in materia di separazione e divorzio, esprime, per tale aspetto, un'evidente assimilazione della posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio, in tal modo conferendo una definitiva autonomia al procedimento di cui all'art. 317-bis c.c. rispetto a quelli di cui agli artt. 330, 333 e 336 c.c., ed avvicinandolo a quelli in materia di separazione e divorzio con figli minori, senza che assuma alcun rilievo la forma del rito camerale, previsto, anche in relazione a controversie oggettivamente contenziose, per ragioni di celerità e snellezza: ne consegue che, nel regime di cui alla legge n. 54/06, sono impugnabili con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., i provvedimenti emessi dalla corte d'appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 317-bis relativamente all'affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche, ivi compresa l'assegnazione della casa familiare.

L'inclusione in via forfettaria nell'ammontare dell'assegno posto a carico di uno dei genitori delle c.d. spese straordinarie, ovverosia quelle spese che per loro rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, si rivela in netto contrasto con il principio di proporzionalità e con quello dell'adeguatezza del mantenimento; infatti, nel caso della sopravvenuta esigenza di una spesa rilevante, tale da assorbire non solo il contributo mensile, ma anche quello annuale, potrebbe verificarsi un grave nocumento non solo nei confronti del coniuge presso il quale il figlio è collocato, ma soprattutto nei riguardi della prole, che potrebbe essere privata - non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell'assegno cumulativo - di cure necessarie o di altri indispensabili apporti.

L'obbligo in capo ai genitori al mantenimento dei figli, derivante dall'art. 147 c.c., non cessa automaticamente con la maggiore età di questi ma dura finché questi non raggiungono l'autosufficienza economica. In caso di separazione personale dei genitori, uno dei due può essere tenuto a versare direttamente ai figli maggiorenni l'assegno di mantenimento loro destinato.

In tema di assegno di mantenimento , una volta accertata la sussistenza di un elevato tenore di vita in costanza di matrimonio, il giudice di merito, chiamato a valutare l'inadeguatezza dei redditi del richiedente, non può limitarsi a considerare il mero dato dello svolgimento, da parte di quest'ultimo, di un'attività lavorativa, ma deve esaminare se i suoi mezzi economici gli consentano di mantenere il tenore di vita precedente.

L'art. 12 sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898, punisce il mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice, in sede di divorzio, in favore dei figli senza limitazione di età, purché economicamente non autonomi, mentre l'art. 570 , comma secondo, n. 2, cod. pen. prevede come soggetti passivi solo i figli minori o inabili al lavoro, sicché non integra tale ultimo reato la violazione dell'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni, non inabili al lavoro, anche se studenti.

L'art. 709 ter c.p.c. persegue lo scopo di meglio disciplinare le conseguenze dell' affidamento condiviso e di fornire uno strumento per la soluzione dei conflitti tra genitori che riguardino i figli. Ne consegue che l'inadempimento degli obblighi patrimoniali (nella specie: non puntuale né completo versamento dell'assegno di mantenimento disposto in favore delle figlie minorenni; omesso rimborso della quota dovuta per le spese straordinarie sostenute dall'altro genitore nell'interesse della prole minorenne) non integra gli estremi delle gravi inadempienze o degli atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell' affidamento , e dunque non è punibile con alcuna delle sanzioni previste nel comma 2 dello stesso art. 709 ter.

Le condizioni di separazione consensuale, ancorché omologate dal tribunale, rimangono pur sempre il frutto di un accordo negoziale dei coniugi, al quale si applicano le norme generali sul contratto, ivi comprese quelle in tema di vizi della volontà e di capacità delle parti, da dedursi mediante l'azione di annullamento contro il decreto di omologa, e non già attraverso la richiesta di modifica delle condizioni stesse ai sensi dell'art. 710 cpc.

In tema di obbligo di mantenimento a carico del padre e a favore della figlia e della ex moglie , occorre precisare che le stesse sono soggette a modifiche in caso di sopravvenuto matrimonio. È onere del genitore interessato alla cessazione dell'obbligazione contestato provare la condizione di autosufficienza della figlia ovvero che il mancato svolgimento dell'attività lavorativa dipende dall'inerzia della stessa o dal rifiuto delle opportunità offertegli. Pertanto qualora la figlia posta in condizioni di completare gli studi abbia contratto matrimonio con persona avente una occupazione lavorativa, anche in caso di perdita di lavoro di quest'ultimo, l'obbligo di mantenimento a carico dei genitori non rivive, avendo la figlia costituito una propria nuova entità familiare autonoma e finanziariamente indipendente.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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