Nel giudizio di separazione dei coniugi, consensuale o giudiziale, il provvedimento sul mantenimento della prole, provvisorio o definitivo, che condanna il genitore non affidatario a pagare, sia pure "pro quota", le spese mediche e scolastiche ordinarie, costituisce titolo esecutivo anche in relazione a queste allorché ne sia opportunamente documentata l'effettiva sopravvenienza ed entità

Qualora due genitori, cessata la loro convivenza, vivessero in reciproca conflittualità tra di loro, rimanendo sordi ai più elementari bisogni della figlia in tenera età e determinassero la paralisi gestionale - educativa di essa, non è opportuno l'affidamento condiviso, sebbene richiesto da entrambe le parti, né può addivenirsi all'affidamento esclusivo, stante la paritaria reciprocità nell'alimentare il conflitto. Può essere pronunciata di ufficio, a norma dell'art. 8 della convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, la decadenza dalla potestà dei due genitori, essendo manifesto il grave pregiudizio cui è esposta la minore, a rischio di aggravamento se la situazione non conoscesse una positiva evoluzione. Con la nomina del tutore sarà questo ad esercitare la potestà ed assumere ogni decisione occorrente alla educazione, istruzione, circa la salute della bambina, che rimarrà collocata presso la madre, ma trascorrerà giornate anche con il padre, tenuto al contributo di mantenimento.

In tema di affidamento di minori e di provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale, dovendo il discrimine tra la competenza del tribunale ordinario e quella del tribunale per i minorenni essere individuato in riferimento al "petitum" ed alla "causa petendi", rientrano nella competenza del tribunale per i minorenni, ai sensi del combinato disposto degli art. 330 c.c. e 38 disp. att. c.c., le domande finalizzate ad ottenere i provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale, mentre rientrano nella competenza del tribunale ordinario, in sede di separazione personale dei coniugi, le pronunzie di affidamento dei minori che mirino solo ad individuare quale dei due genitori sia più idoneo a prendersi cura del figlio, senza che in relazione a tale ripartizione abbia rilevanza il nuovo disposto dell'art. 155 c.c. sull'affido condiviso, in quanto l'affidamento della prole di minore età, in ordine al quale è competente il tribunale ordinario quale giudice della separazione sulla base di detto articolo, non incide sulla spettanza della potestà ad entrambi i genitori, ma, secondo l'espressa disposizione di cui all'art. 317, comma 2, c.c., interferisce soltanto sulle modalità di esercizio della potestà medesima.

Ritenuto che la l. 8 febbraio 2006 n. 54 ha espresso una evidente assimilazione della posizione dei figli naturali a quella dei figli legittimi quanto al loro affidamento, e ritenuto, altresì, che le innovazioni di cui alla l. n. 54 del 2006 cit. sanciscono, sul piano processuale, una definitiva autonomia del procedimento ex art. 317 bis c.c., allontanandolo dall'alveo delle procedure ex art. 330, 333, 336 c.c. ed avvicinandolo, e, per certi versi, assimilandolo, a quelli di separazione e divorzio con figli minori, sono pienamente ricorribili per cassazione, ai sensi dell'art. 317 bis c.c., in sede di reclamo, i provvedimenti sull'affidamento dei figli e sulle relative statuizioni economiche: il decreto emesso ai sensi dell'art. 317 bis c.c. ha natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della "decisorietà" (risolvendo una controversia tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo) e della "definitività", con efficacia assimilabile, "rebus sic stantibus", a quella del giudicato; il decreto "de quo" è, invero, ricorribile per cassazione, con i termini per l'impugnazione di cui agli art. 325 e 327 c.p.c.; nei procedimenti ex art. 330 e 333 c.c. sono preminenti l'assenza di "decisorietà" e la possibilità di "revoca" dei provvedimenti anche a prescindere da un mutamento delle circostanze. In caso di sottrazione internazionale di minori, il giudice dello Stato in cui il minore aveva, prima del suo trasferimento, la residenza abituale, conserva la competenza giurisdizionale fino a quando il minore stesso non abbia acquistato la residenza in un altro Stato, ferme restando la pertinenza e l'applicabilità degli art. 10 ed 11 prf 7 ed 8 del regolamento Ce n. 2201/2003.

In ogni vicenda processuale tra i genitori afferente ai rapporti parentali, qualora la manifesta infondatezza delle eccezioni sollevate, l'estrema genericità delle ragioni, di merito e di legittimità, prospettate dalla parti, nonché la totale carenza di concreti argomenti rilevanti ai fini di causa rivelino, oltre ogni ragionevole dubbio, il carattere palesemente pretestuoso e meramente dilatorio della condotta processuale, ledendo il diritto costituzionale di azione e di difesa (art. 24 e 111 cost., nonché art. 6 convenzione Roma 4 novembre 1950) e violando, altresì, fondamentali interessi esistenziali dei figli minori (aventi diritto ad una normale e feconda relazione parentale, impedita, ritardata o limitata per la condotta dei genitori), l'abuso dello strumento processuale dà luogo a responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., abuso che può essere ora del tutto sanzionato, nel comune interesse privato o pubblico, anche in virtù del comma 12 dell'art. 45 l. 18 giugno 2009 n. 69, che integra e rafforza la normativa di cui alla l. 8 febbraio 2006 n. 54 a tutela soprattutto dei fondamentali diritti, personalissimi ed inviolabili, dei minori comunque coinvolti nel processo, diritti che possono essere effettivamente ed in toto protetti solo da un intervento giudiziario tempestivo e celere, ed, occorrendo, anche punitivo.

L'obbligazione di reciproca assistenza (morale e) materiale dei coniugi (art. 143, comma 2, c.c.) e quella di mantenimento del coniuge separato privo di adeguati redditi propri (art. 156, comma 1, c.c.) sebbene condividano la medesima natura assistenziale, hanno differenti presupposti (e non a caso sono previste da distinte norme). La prima costituisce effetto essenziale del matrimonio, presuppone la fisiologia del rapporto di coppia, ovvero una sua crisi non formalizzata dalla domanda di separazione e dunque non rilevante a livello giuridico ed esprime un dovere di carattere generale, che grava su ciascun coniuge nell'interesse stesso della famiglia, affinché ai bisogni di questa ultima contribuiscano entrambi i coniugi. La seconda - quella di mantenimento - è eventuale e sorge sulla base di un duplice accertamento giudiziale a carattere costitutivo, avente a oggetto l'intollerabile prosecuzione della convivenza tra i coniugi e l'impossibilità per uno dei due di conservare per sé e per i figli il medesimo tenore di vita goduto durante la convivenza. L'obbligazione di mantenimento , pertanto, non può preesistere alla relativa domanda giudiziale. (Nella specie, rigettata la domanda ex art. 2901 c.c. proposta dalla moglie separata nei confronti di un atto dispositivo del marito - posto in essere anteriormente all'inizio del giudizio di separazione personale, per assenza della prova della "partecipatio fraudis" da parte dell'acquirente - la moglie aveva dedotto la violazione dell'art. 2901 c.c., potendo l'azione revocatoria essere esperita anche a tutela di un creditore non certo e determinato nel suo ammontare. In applicazione del principio di cui sopra la S.C. ha rigettato il motivo).

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, entrambi i genitori sono tenuti ad ovviare allo stato di bisogno del figlio che non sia in grado di procurarsi un proprio reddito. Ne consegue che il reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p., sussiste anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l'altro genitore.

Al coniuge richiedente, pur disponendo di un reddito di per sé congruo, ma non tale da consentire la conservazione dell'elevatissimo tenore di vita condotto durante la convivenza matrimoniale, grazie all'eccezionale posizione reddituale e soprattutto patrimoniale dell'altro coniuge, compete un assegno divorzile, in misura tale da assicurare - almeno in via tendenziale e parziale - il raggiungimento di standard di vita vicini a quelli già goduti (nella specie, la Suprema Corte, in applicazione di tale principio, ha confermato la sentenza merito che aveva riconosciuto alla moglie - a titolo di assegno divorzile lo stesso importo riconosciutole a titolo di mantenimento nella separazione di euro 5.000 mensili, a carico del marito, titolare di un reddito molte volte superiore, e soprattutto di un consistentissimo patrimonio immobiliare).

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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