In tema di affidamento di minori, dovendo il discrimine tra la competenza del tribunale ordinario e quella del tribunale per i minorenni essere individuato in riferimento al petitum ed alla causa petendi, rientrano nella competenza del Tribunale per i minorenni, ai sensi del combinato disposto degli art. 333 c.c. e 38 disp. att. c.c., le domande finalizzate ad ottenere provvedimenti cautelari e temporanei idonei ad ovviare a situazioni pregiudizievoli per il minore, anche se non di gravità tale da giustificare la declaratoria di decadenza dalla potestà genitoriale, di cui all'art. 330 c.c., mentre rientrano nella competenza del tribunale ordinario, in sede di separazione personale dei coniugi, di annullamento del matrimonio o di «pronunzie» ex legge n. 898 del 1970, le pronunzie di affidamento dei minori che mirino solo ad individuare quale dei due genitori sia più idoneo a prendersi cura del figlio, al fine di consentirgli una crescita tranquilla ed equilibrata. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato la competenza del tribunale per i minorenni in ordine all'affidamento di un minore al servizio sociale, disposto su segnalazione dell'ufficio comunale in pendenza del procedimento di separazione tra i genitori).

L' entità del contributo per il mantenimento del figlio minore può correlarsi, oltre che alle condizioni economico-sociali dei genitori, alla valutazione dei bisogni del beneficiario, quali il conseguire l'istruzione e formazione adeguate alle sue inclinazioni e capacità, sì da assicurargli un inserimento sociale consono al contesto socio-culturale in cui vivono i genitori.

Qualora non penda alcun procedimento e si debba dare attuazione alle disposizioni previste con le sentenze di separazione o divorzio (o ai provvedimenti di revisione successivamente adottati ex art. 710 c.p.c. o ex art. 9 l. div.), il Giudice Tutelare , nell''ambito di quanto previsto dall'art. 337 c.c. (strumento da considerare alternativo all'art. 612 c.p.c.), può validamente esercitare una vigilanza attiva, idonea cioè ad adottare tutti i provvedimenti che, senza modificare il regime stabilito in sede di cognizione, valgano a consentirne l'applicazione, avvalendosi (ex art. 244 c.c.) dell'ausilio di soggetti deputati alla cura degli interessi contesi che non operino solo al fine di conoscere la situazione ma anche concretamente, per superare le eventuali resistenze delle parti all'applicazione del regime previsto.

I poteri sanzionatori previsti dall'art. 709 ter c.p.c., espressamente riservati al giudice del procedimento in corso, quando, evidentemente, penda un giudizio di separazione, di divorzio, o un procedimento ex art. 710 c.p.c., non possono in alcun modo ritenersi attribuiti dal legislatore al giudice tutelare , neppure nei casi in cui sia stata omologata una separazione consensuale o sia stata già pronunciata sentenza di separazione o di divorzio, sicché il ricorso a tal fine presentato innanzi a quest’ultimo va dichiarato inammissibile.

Qualora non penda alcun procedimento e si debba dare attuazione alle disposizioni previste con le sentenze di separazione o divorzio (o ai provvedimenti di revisione successivamente adottati ex art. 710 c.p.c. o ex art. 9 l. div.), il Giudice Tutelare , nell''ambito di quanto previsto dall'art. 337 c.c. (strumento da considerare alternativo all'art. 612 c.p.c.), può validamente esercitare una vigilanza attiva, idonea cioè ad adottare tutti i provvedimenti che, senza modificare il regime stabilito in sede di cognizione, valgano a consentirne l'applicazione, avvalendosi dell'ausilio di soggetti deputati alla cura degli interessi contesi che non operino solo al fine di conoscere la situazione ma anche concretamente, per superare le eventuali resistenze delle parti all'applicazione del regime previsto.

In tema di separazione consensuale , il regolamento concordato fra i coniugi ed avente ad oggetto la definizione dei loro rapporti patrimoniali, pur trovando la sua fonte nell'accordo delle parti, acquista efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione, al quale compete l'essenziale funzione di controllare che i patti intervenuti siano conformi ai superiori interessi della famiglia; ne consegue che, potendo le predette pattuizioni divenire parte costitutiva della separazione solo se questa è omologata, secondo la fattispecie complessa cui dà vita il procedimento di cui all'art. 711 c.p.c. in relazione all'art. 158 comma 1 c.c., in difetto di tale omologazione le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica, a meno che non si collochino in una posizione di autonomia in quanto non collegate al regime di separazione consensuale . (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad un accordo, avente ad oggetto la rinuncia alla comproprietà immobiliare da parte di un coniuge a favore dell'altro, ritenuto parte di un progetto di separazione consensuale non andato a buon fine, essendo intervenuta tra i coniugi separazione giudiziale con addebito ).

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, quando le parti lese sono minori, la mancata corresponsione dell'assegno per il mantenimento stabilito in sede di separazione dei coniugi, ovvero la totale omissione di un contributo, sia pure di minore entità , integra la fattispecie di cui all'art. 570 c.p., in base alla presunzione semplice che il minore sia incapace di produrre un reddito per il proprio mantenimento . Tale presunzione è suscettibile di essere superata solo laddove risulti provato che il minore disponga di redditi patrimoniali propri. In sostanza, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una condizione dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento.

Qualora in caso di separazione , venga raggiunto accordo nei riguardi dei figli, tale non può essere omologato se non rispondente all'interesse della prole. Pertanto nel caso in cui obbligo di mantenimento dei figli minori, precedentemente assunto dal padre col pagamento di una somma mensile, sia stato sostituito col trasferimento alla madre di un compendio immobiliare senza alcuna garanzia circa la destinazione di tali cespiti al mantenimento della prole, si correrebbe il rischio di non perseguire interesse della prole, che invece sarebbe assicurato dall'imposizione sui beni di un vincolo di destinazione, alla cui vigilanza potrebbe essere preposto o lo stesso padre o il P.M.

In tema di separazione consensuale , le pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell'accordo omologato si configurano come contratti atipici, aventi presupposti e finalità diversi sia dalle convenzioni matrimoniali che dagli atti di liberalità, nonché autonomi rispetto al contenuto tipico del regolamento concordato tra i coniugi, destinato ad acquistare efficacia giuridica soltanto in seguito al provvedimento di omologazione: ad esse, pertanto, può riconoscersi validità solo in quanto, alla stregua di un'indagine ermeneutica condotta nel quadro dei principi stabiliti dagli art. 1362 ss. c.c., risultino tali da assicurare una maggiore vantaggiosità all'interesse protetto dalla norma (ad esempio prevedendo una misura dell'assegno di mantenimento superiore a quella sottoposta ad omologazione), ovvero concernano un aspetto non preso in considerazione dall'accordo omologato e sicuramente compatibile con questo, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o ancora costituiscano clausole meramente specificative dell'accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull'accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all'interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario di cui all'art. 158 c.c..

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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