Il dolo processuale di una delle parti in danno dell'altra in tanto può costituire motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell'art. 395, n. l, c.p.c., in quanto consista in un'attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare o sviare la difesa avversaria ed impedire al giudice l'accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale. Di conseguenza, non sono idonei a realizzare la fattispecie descritta la semplice allegazione di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi, il silenzio su fatti decisivi della controversia o la mancata produzione di documenti, che possono configurare comportamenti censurabili sotto il diverso profilo della lealtà e correttezza processuale, ma non pregiudicano il diritto di difesa della controparte, la quale resta pienamente libera di avvalersi dei mezzi offerti dall'ordinamento al fine di pervenire all'accertamento della verità (cassata, nella specie, l'impugnazione per revocazione di una sentenza cha aveva disposto la separazione dei coniugi, con assegno di mantenimento in favore della moglie. Il marito aveva eccepito che la donna aveva taciuto l'esistenza di una relazione extraconiugale, da cui era poi nato un figlio, già in essere al momento della presentazione dei coniugi davanti al giudice nella causa di separazione).

Assunto dal marito in sede di separazione personale l'obbligo di corrispondere per il mantenimento della moglie e dei figli con lei conviventi nella casa coniugale un assegno non inferiore a euro 1500 mensili, è irrilevante ai fini della quantificazione dell'assegno di divorzio sia la mera formazione culturale e professionale della moglie, in assenza della dimostrazione di una effettiva possibilità di svolgimento di una attività lavorativa retribuita, sia la invocazione (e la dimostrazione) da parte dello stesso marito, dello stato fallimentare in cui versa la società di cui è amministratore unico, qualora, costituito un nuovo nucleo familiare con una donna giovane priva di redditi e di attività lavorativa detto marito abbia procreato uno o due figli, consentito alla nuova famiglia un «elevato» tenore di vita e acquistato un appartamento del valore dichiarato di euro 280.000, intestato alla donna poi divenuta sua seconda moglie.

In tema di separazione tra coniugi deve essere rigettata per difetto dei presupposti la richiesta formulata dal marito volta ad ottenere un assegno di mantenimento in proprio favore, che sia basata sull'assunto che la moglie svolga un lavoro part-time mentre potrebbe svolgere un lavoro a tempo pieno, nel caso in cui la trasformazione del contratto non dipenda soltanto dalla coniuge e, comunque, quando la modalità part-time sia stata scelta dai coniugi in costanza di matrimonio per permettere alla madre di accudire i figli in tenera età.

Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti dei figli minori è integrato dall'omissione del mantenimento di uno dei due genitori, anche se l’altro genitore vi provveda in via sussidiaria. (Nel caso di specie vi era stata una omissione del versamento dell'assegno di mantenimento del figlio minore da parte del padre anche se per il primo periodo dopo la separazione, i primi cinque mesi, egli lo aveva versato).

È legittima la domanda con la quale il ricorrente, collocatario dei figli nati in costanza di matrimonio, chieda la riduzione dell'assegno dovuto alla ex moglie per il mantenimento di tali figli, per essere divenuto, dopo la separazione , padre di unnaltra figlia e, di conseguenza, avere necessità di trasferirsi presso unnabitazione più ampia nella quale poter convivere con la nuova compagna e con i figli nati dalla precedente e dalla attuale unione.

Ai fini dell'esecuzione forzata, il provvedimento giudiziario con cui viene stabilito in sede di separazione personale come contribuire al mantenimento dei figli, richiede, nel caso in cui il genitore affidatario non provveda alle spese straordinarie relative ai figli, un ulteriore intervento del giudice, volto ad accertare l'effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità, siccome riguardanti eventi il cui accadimento risulta oggettivamente incerto; al contrario, il provvedimento con cui in sede di separazione si stabilisce, ai sensi dell'art. 155 comma 2 c.c., quale modo di contribuire al mantenimento dei figli, che il genitore non affidatario paghi, sia pure "pro quota", le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai figli, costituisce esso stesso titolo esecutivo e non richiede, nell'ipotesi di non spontanea ottemperanza da parte dell'obbligato ed al fine di legittimare l'esecuzione forzata, un ulteriore intervento del giudice, qualora il genitore creditore possa allegare ed opportunamente documentare l'effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità ed impregiudicato, comunque, il diritto dell'altro genitore di contestare - "ex post" ed in sede di opposizione all'esecuzione, dopo l'intimazione del precetto o l'inizio dell'espropriazione - la sussistenza del diritto di credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità di individuazione dei bisogni del minore.

Nel giudizio di separazione dei coniugi, consensuale o giudiziale, il provvedimento sul mantenimento della prole, provvisorio o definitivo, che condanna il genitore non affidatario a pagare, sia pure "pro quota", le spese mediche e scolastiche ordinarie, costituisce titolo esecutivo anche in relazione a queste allorché ne sia opportunamente documentata l'effettiva sopravvenienza ed entità.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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