E’ legittima la revocazione della sentenza pronunciata su domanda congiunta di divorzio da entrambi i coniugi, allorché la moglie scopra che le condizioni economiche indicate dal marito erano il frutto di una simulazione, allo scopo di ingannarla sulle reali capacità patrimoniali. Nel caso specifico il Tribunale di Ragusa aveva pronunciato il divorzio congiunto stabilendo un assegno modesto mensile per moglie e figli ed assegnando parte della casa coniugale. Ciò sulla base del fatto che il marito sosteneva di aver perso la propria azienda e di averla dovuta vendere ad un prezzo irrisorio e quindi di essere stato costretto a lavorare come dipendente. Successivamente la moglie scopriva di essere stata ingannata sull’effettiva situazione economica del marito, in quanto questi aveva effettivamente venduto la società ad un prezzo irrisorio ad una terza persona, la quale poi tuttavia l’aveva rivenduta all’attuale compagna del marito e questa a propria volta l’aveva rivenduta al marito stesso, sicché di fatto le condizioni del divorzio si erano basate su una situazione del tutto differente dalla realtà. La Corte d’Appello riteneva legittima l’impugnazione ed accoglieva la domanda della donna, pronunciando la revocazione della sentenza impugnata e disponendo per il prosieguo del giudizio ai fini della pronunzia sull’aumento degli assegni.
In tema di assegno divorzile, è ammissibile una riduzione della somma da versare se, rispetto all'originaria situazione economico-sociale riconosciuta dalle parti con gli accordi di separazione, si è verificata la novità negativa per il soggetto onerato costituita dalla sua messa in stato di mobilità, nonché della costituzione da parte sua di un nuovo nucleo familiare, con sopraggiunto onere del mantenimento di un figlio ancora minorenne.
Il genitore separato o divorziato, cui il figlio sia stato affidato durante la minore età, continua, pur dopo che questi sia divenuto maggiorenne, ma coabiti ancora con lui e non sia economicamente autosufficiente, ad essere legittimato iure proprio, in assenza di un'autonoma richiesta da parte dello stesso, a richiedere all'altro genitore tanto il rimborso, pro quota, delle spese già sostenute per il mantenimento del figlio, quanto il versamento dell'assegno periodico a contributo per tale mantenimento (nella specie, la Corte ha riconosciuto alla ex moglie affidataria il diritto al rimborso di metà delle spese sostenute per il soggiorno negli Stati Uniti del figlio, studente universitario di lingue straniere, affinché quest'ultimo potesse frequentare corsi d'inglese. La Corte ha altresì rilevato che non ha rilevanza la non partecipazione del padre alla decisione:nelle scelte di maggior interesse della vita quotidiana del minore - come quelle relative alla sua istruzione, in relazione alle quali l'art. 155 c.c. prevede espressamente un dovere di vigilanza del coniuge non affidatario -, ciascun genitore, in ogni caso ed in ogni tempo, ha un autonomo potere di attivarsi nei confronti dell'altro per concordarne le eventuali modalità).
In tema di determinazione dell'assegno dovuto dal genitore presso il quale il figlio non convive, non sussiste violazione dell'art. 155, comma 4, n. 3, c.c., per non avere la corte di appello tenuto conto dell'incremento dei tempi di permanenza del figlio stesso presso il genitore onerato dell'assegno, qualora detto giudice abbia stabilito l'assegno in considerazione della situazione economica dei genitori e delle esigenze del minore, motivando la quantificazione su base annua, con ripartizione mensile, e ritenendo, in relazione all'importo stabilito, ininfluenti le modalità di visita e di soggiorno presso il genitore non collocatario.
L'assegno di mantenimento va versato finché il genitore interessato non provi che il figlio, divenuto maggiorenne, ha raggiunto l'indipendenza economica oppure che, pur essendo stato da loro posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, non ne abbia tratto profitto per sua colpa.
Il raggiungimento della maggiore età del figlio minore non può determinare, nel coniuge separato o divorziato, tenuto a contribuire al suo mantenimento , il diritto a procedere unilateralmente alla riduzione od eliminazione del contributo o a far valere tale condizione in sede di opposizione all'esecuzione, essendo necessario, a tal fine, procedere all'instaurazione di un giudizio volto alla modifica delle condizioni di separazione o divorzio.
Anche in caso di affidamento condiviso, il versamento diretto di somme al figlio non libera il genitore obbligato al pagamento rispetto all'altro genitore titolare del diritto al contributo.
La raggiunta maggiore età del figlio ovvero la sua acquisita autosufficienza economica non spiega efficacia liberatoria rispetto all'assegno di contributo al mantenimento stabilito in sede di separazione o divorzio a favore dell'altro genitore, fino a quando ciò non sia accertato nella sede competente (art. 710 c.p.c. e art. 9 l. div.).
In tema di accertamento della capacità economica dei genitori, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento dei figli minori in sede di divorzio, alle risultanze delle dichiarazioni fiscali dei redditi dev'essere attribuito valore solo indiziario, il giudice disponendo di ampio potere istruttorio giustificato dalla finalità pubblicistica della materia, che gli consente di ancorare le sue determinazioni ad adeguata verifica delle condizioni patrimoniali delle parti e delle esigenze di vita dei figli, prescindendo dalla prova addotta dalla parte istante e attingendo a tutti i dati comunque facenti parte del bagaglio istruttorio.
Al riguardo, inoltre, la circostanza che il padre, tenuto al pagamento dell'assegno, abbia costituito un nuovo nucleo familiare e in questo siano nati altri due figli, non esclude il diritto del figlio (legittimo) a un mantenimento che gli garantisca il tenore di vita corrispondente alle risorse della sua famiglia analogo, per quando possibile, a quello goduto in precedenza.
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