È inammissibile il ricorso ex art. 111, comma 7, cost. avverso il decreto con il quale la corte d'appello, in sede di reclamo, abbia confermato l'ordinanza del tribunale concessiva del sequestro dei beni del coniuge obbligato al mantenimento.
Il decreto della corte di appello, reso in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale concessivo del sequestro previsto dall'art. 156, comma 6, c.c., in materia di separazione personale dei coniugi e dall'art. 8, ult. comma, l. n. 898/1970, in materia di divorzio , non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 cost., poiché si tratta di provvedimento (revocabile o modificabile per giustificati motivi) non decisorio, nè definitivo, avente natura strumentale rispetto al diritto sostanziale al mantenimento spettante al coniuge.
Il provvedimento di sequestro volto a garantire un obbligo di mantenimento verso l'ex coniuge - previsto dall'art. 156 comma 6 c.c. - presuppone l'esistenza di un diritto già sancito in un titolo esecutivo, la cui peculiare natura di credito ad esecuzione periodica comporta che la funzione cautelare non si esaurisca nell'arco del giudizio di merito, ma produca effetti di garanzia permanente sino a che si protragga il diritto di mantenimento cui si riferisce.
Il sequestro previsto dall'art. 8 comma ultimo l. n. 898 del 1970 è un provvedimento cautelare non assoggettabile alle disciplina uniforme delle misure cautelari previste negli art. 669 bis ss. c.p.c., nè per il rito nè per i presupposti sostanziali: infatti il provvedimento va adottato dal tribunale nelle forme del rito camerale ex art. 737 ss. c.p.c. e non può ricondursi alla figura del sequestro conservativo, che è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, sicché non si applicano le norme degli art. 671 ss. c.p.c., nè occorre il "periculum in mora" inteso come rischio di perdere la garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 c.c.
È inammissibile, in quanto proposta con ricorso anziché con citazione, la domanda con cui il coniuge obbligato all'assegno di divorzio chiede la "revoca" del pagamento da parte del terzo per mancanza delle condizioni previste dall'art. 8 comma 3 legge n. 898 del 1970.
Ben può essere autorizzato, dal g.i. del procedimento di divorzio , il sequestro dei beni del coniuge tenuto all'adempimento verso l'altro coniuge di obblighi economici nascenti da provvedimenti presidenziali emessi nel procedimento stesso, ai sensi dell'art. 8 della (novellata) legge divorzile, benché il sequestro sia stato richiesto facendo richiamo all'analoga norma di cui all'art. 156 c.c., allorché il coniuge obbligato si sia reso, in regime di separazione, già inadempiente all'obbligo di versare l'assegno di mantenimento al "partner" (così da costringere quest'ultimo a ricorrere al giudice affinché venisse ordinato al datore di lavoro del coniuge inadempiente di versare direttamente al coniuge avente diritto l'importo del mantenimento) e successivamente abbia volontariamente troncato il rapporto di lavoro, rifiutandosi, per di più, di fornire notizie sulle proprie condizioni economiche da lavoro e sui tempi di percezione del trattamento di fine rapporto
Il diritto di cui all'art. 9 della legge n. 898 del 1970 non subisce pregiudizio dalla circostanza che la pronuncia di scioglimento di matrimonio sia stata preceduta da una separazione per colpa del coniuge, in quanto esso sorge in conseguenza di un autonomo titolo costituito dalla pronuncia di divorzio . Gli art. 8 e 9 della legge n. 898 del 1970 consentono l'attribuzione di cespiti, quali la retribuzione e la pensione, non solo in misura eccedente le percentuali entro cui la legge generale ne consente il pignoramento e la cessione, ma anche nei casi in cui la legge speciale fa espresso divieto assoluto di pignoramento e cessione, avendo sostituito alla valutazione astratta operata dal legislatore, una valutazione operata caso per caso dal giudice in relazione al reddito complessivo del soggetto obbligato e del soggetto beneficiario. Il provvedimento di distrazione di quota della pensione ha efficacia analoga alla cessione di credito e, pertanto, non fa sorgere a carico del terzo obblighi prima di allora inesistenti ,ma soltanto l'obbligo di pagare, alla data della notifica del provvedimento esecutivo, o da quando esso gli sia altrimenti noto, la parte assegnata a favore del soggetto cessionario.
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