In quanto normativa speciale e comunque posteriore, la Legge Divorzio prevale sia rispetto all'art. 545 c.p.c sia rispetto all'art. 2 d.p.r. 180 del 1950, sicché le somme dovute a titolo di stipendio, salario o pensione al coniuge obbligato alla corresponsione dell'assegno divorzile in favore dell'altro coniuge o della prole, sono pignorabili anche oltre il limite del quinto e precisamente "fino alla concorrenza della metà" (art. 8, comma 7, seconda parte, l. n. 898 del 1970), con determinazione in concreto rimessa alla decisione del GE in sede di assegnazione al creditore pignorante.

L'esistenza di cessioni volontarie dello stipendio, opponibili al pignorante perché notificategli anteriormente al pignoramento, non determina alcuna modifica della base di calcolo della frazione pignorabile (nella specie, pari ad 1/2 ex art. 8 comma 7 Legge Divorzio), ma rende applicabile il concorrente limite di pignorabilità dall'art. 68, comma 2, d.p.r. 180 del 1950, rappresentato dalla differenza fra la metà dello stipendio al netto delle ritenute (previdenziali, assistenziali e fiscali) e l'ammontare complessivo di tali cessioni. Inoltre, ove vi siano in corso assegnazioni per pregressi pignoramenti, l'importo pignorabile è rappresentato, al massimo, dalla differenza fra il minor importo risultante dall'applicazione dei limiti appena detti e l'importo oggetto delle assegnazioni in corso.

Nella nozione di terzo tenuto a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge titolare di assegno divorzile vanno compresi gli enti che erogano trattamenti pensionistici, poiché nell'art. 8 comma 6 l. 1 dicembre 1970 n. 898, non vi è, al riguardo, un'espressa limitazione ai crediti retributivi, mentre, con il richiamo dell'art. 1 comma 1 d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, si fa menzione anche dei soggetti che corrispondo pensioni, indennità, sussidi e compensi di qualsiasi specie, non essendovi, pertanto, alcuna ragione per escludere i crediti pensionistici.

Il sequestro previsto dall'art. 8, l. 1 dicembre 1970 n. 898 (cd. legge sul divorzio ) non presuppone, a differenza del sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c., l'accertamento del "fumus boni iuris" del credito vantato e del "periculum in mora" per il soddisfacimento del credito medesimo, bensì l'esistenza di un credito (l'assegno determinato in sede di divorzio) e l'accertamento dell'inadempimento dell'obbligato; tale sequestro , non avente natura cautelare e inidoneo a convertirsi in pignoramento, assolve alla finalità di impedire la libera disponibilità dei beni o crediti dell'obbligato a garanzia dell'adempimento degli obblighi di mantenimento.

La richiesta di sequestro conservativo a cautela del credito vantato da un genitore per le spese di mantenimento della prole è ammissibile, previa verifica della sussistenza dei necessari presupposti del "fumus boni iuris" e del "periculum in mora", nella misura in cui sia finalizzata non a modificare le condizioni della separazione o del divorzio ma ad una futura domanda di condanna.

La richiesta di sequestro conservativo a cautela del credito vantato da un genitore per le spese di mantenimento della prole è ammissibile, previa verifica della sussistenza dei necessari presupposti del "fumus boni iuris" e del "periculum in mora", nella misura in cui sia finalizzata non a modificare le condizioni della separazione o del divorzio ma ad una futura domanda di condanna.

In caso di versamento diretto da parte del terzo dell'assegno divorzile, il coniuge creditore di altre somme oltre a quelle derivanti dal divorzio potrà agire nei confronti dell'altro coniuge obbligato nei limiti di quanto disposto dall'art. 8 l. n. 898 del 1970.

Va disattesa la richiesta di ordinare al terzo la diretta corresponsione dell'assegno di mantenimento, a favore di un coniuge, laddove, pendendo il giudizio di divorzio , l'altro coniuge dimostri che il mancato pagamento dello stesso dipenda dalle documentate precarie condizioni di salute dell'obbligato e dal ritardo nella liquidazione da parte del terzo dell'emolumento economico al coniuge obbligato.

In sede di giudizio di divorzio , così come in quello di separazione, non è possibile avanzare richieste di misure, anche cautelari, non direttamente afferenti alla natura del giudizio medesimo, atteso che la norma di cui all'art. 8 l. 898/70 prevede l'adozione del provvedimento cautelare soltanto a garanzia delle obbligazioni di cui agli art. 5-6 della stessa legge. Ne consegue che la richiesta di un provvedimento di sequestro delle somme percepite dal coniuge va proposta con autonomo ricorso ed esaminata dal tribunale sul presupposto del "fumus boni iuris", rappresentato dal presumibile riconoscimento in favore del coniuge beneficiario dell'assegno divorzile e del "periculum in mora", costituito dalla dispersione nelle more del giudizio di divorzio di ogni garanzia patrimoniale ad opera dell'obbligato, onde eludere il relativo adempimento.

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Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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