L'assegno a carico dell'eredità, previsto dall'art. 9 bis l. n. 898/70, va quantificato in relazione al complesso degli elementi espressamente indicati nello stesso art. 9 bis, cioè tenendo conto, oltre che della misura dell'assegno di divorzio, dell'entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. Ad un tal riguardo, l'entità del bisogno deve essere valutata non già con riferimento alle norme dettate da leggi speciali per finalità di ordine generale di sostegno dell'indigenza - le quali sono prive di ogni collegamento con ragioni di solidarietà familiare, che costituiscono, invece, il fondamento della norma in esame -, bensì in relazione al contesto socio - economico del richiedente e del "de cuius", in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti.

Per ottenere dopo la morte dell'ex coniuge divorziato (tenuto alla corresponsione di un assegno periodico ), un assegno a carico dell' eredità , a norma dell'art. 9 bis l. n. 898 del 1970, il richiedente deve mancare delle risorse economiche occorrenti per soddisfare essenziali e primarie esigenze di vita. Ai fini della quantificazione dell' assegno in questione, dette esigenze vanno valutate, nell'ottica di ragionevolezza, oltre che di solidarietà imposta dai principi costituzionali, non in relazione a specifiche norme di leggi speciali come ad esempio, all'art. 6 d.lg. n. 237 del 1998 (in tema di reddito minimo di inserimento) ma in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti, con riferimento al contesto socio-economico del richiedente e del "de cuius", oltre che tenendo conto del valore dei beni ereditari relitti, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. In tema di divorzio , l' assegno a carico dell' eredità , previsto dall'art. 9 bis l. 1 dicembre 1970 n. 898, in favore dell'ex coniuge in precedenza beneficiario dell' assegno di divorzio che versi in stato di bisogno, va quantificato in relazione al complesso degli elementi espressamente indicati nello stesso art. 9 bis, cioè tenendo conto, oltre che della misura dell' assegno di divorzio , dell'entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. Ad un tal riguardo, l'entità del bisogno deve essere valutata non già con riferimento alle norme dettate da leggi speciali per finalità di ordine generale di sostegno dell'indigenza - le quali sono prive di ogni collegamento con ragioni di solidarietà familiare, che costituiscono, invece, il fondamento della norma in esame - bensì in relazione al contesto socio - economico del richiedente e del de cuius, in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti.

Con la possibilità di attribuire al coniuge divorziato del coniuge defunto una quota della pensione di reversibilità o un assegno alimentare a carico dell' eredità , gli art. 9 e 9 bis l. n. 898/1970, come novellata dalla l. n. 436/1978, non hanno inteso attuare alcun trasferimento sul coniuge superstite o sugli eredi del "de cuius" dell'obbligo incombente sul "de cuius" stesso di corrispondere l' assegno divorzile, ma hanno costituito a favore dell'ex coniuge superstite nuovi ed autonomi diritti di carattere personale, nascenti dalla cessazione e dall'estinzione del diritto all' assegno di divorzio sulla base di presupposti e di condizioni non coincidenti con quelli che giustificavano quest'ultimo. Pertanto, il tribunale può disporre che una quota della pensione o di altri assegni sia attribuita al coniuge superstite solo in presenza delle circostanze perché sorga il diritto alla pensione di reversibilità e, soprattutto, della premorienza del titolare della pensione diretta, la cui permanenza in vita non consente l'aggiudicazione di una quota di pensione indiretta poiché, in tale ultima ipotesi, è il coniuge pensionato che provvede personalmente alla corresponsione dell' assegno periodico , attingendo la somma dall'importo della pensione diretta da lui percepita.

L'accertamento del diritto all' assegno di divorzio va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi (o l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive), raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio . Nella individuazione di tali aspettative, deve tenersi conto unicamente delle prospettive di miglioramenti economici maturate nel corso del matrimonio che trovino radice nell'attività all'epoca svolta e/o nel tipo di qualificazione professionale e/o nella collocazione sociale dell'onerato, e cioè solo di quegli incrementi delle condizioni patrimoniali dell'ex coniuge che si configurino come ragionevole sviluppo di situazioni e aspettative presenti al momento del divorzio . (Nella specie la S.C., ai fini della revisione dell' assegno di divorzio , ex art. 9 l. 1 dicembre 1970 n. 898, ha escluso che costituisse elemento determinativo del tenore di vita, cui commisurare l'adeguatezza dei mezzi, l'evento in sè della vendita di beni immobili pervenuti in eredità all'ex coniuge dopo il divorzio , non risultando tale evento in alcun modo collegato alla situazione di fatto ed alla aspettative maturate nel corso del matrimonio).

Lo stato di bisogno dell'ex coniuge avente diritto all' assegno alimentare a carico dell' eredità può essere valutato in termini meno rigorosi di quelli richiesti dall'art. 438 c.c., così che il medesimo può configurarsi pur quando si sia in presenza di una situazione che non esclude in assoluto, in capo all'ex coniuge superstite, la sussistenza di risorse o disponibilità di mezzi astrattamente sufficienti ad un temporaneo e parziale soddisfacimento delle necessità primarie della vita.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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