Allorchè i coniugi abbiano prescelto il regime di comunione dei beni, tutti gli acquisti effettuati dall'uno e dall'altro si considerano in comproprietà pro indiviso di entrambi.La moglie resta comproprietaria dell'immobile se non rinuncia alla comunione espressamente e personalmente con apposita dichiarazione nell'atto di acquisto. Le cause di esclusione della comunione sono tassative: per escludere un bene dalla comunione non solo è necessaria la presenza dell'altra parte che rinunci al proprio diritto, ma altresì che ci si trovi in presenza di una delle condizioni statuite dalla legge per detta esclusione.
Non decade dal beneficio “prima casa” il coniuge che in sede di separazione ceda la casa coniugale a moglie o figli e non acquisti nel quinquennio altro immobile.
Non può la moglie rivendicare l’assegnazione della casa coniugale pur quale collocataria della figlia, allorché tale alloggio non sia mai stato abitato dalla richiedente seppure essendo stata acquistata con denaro comune.
Non può la figlia rivendicare la casa coniugale concessa in comodato dai nonni al padre al di fuori del processo di separazione dei coniugi. In ogni caso il padre non può consegnare la casa alla figlia, attesa la risoluzione del rapporto di comodato con l’avvenuta restituzione del bene alla legittima proprietaria (la nonna paterna).
In linea teorica è possibile che il Tribunale possa suddividere la casa coniugale in due parti, assegnandone una alla moglie e l’altra al marito, data la grandezza dell’immobile, anche se questa in precedenza nella sua globalità costituiva la casa coniugale della famiglia. Tale possibilità tra l’altro favorisce gli incontri con i figli e migliora la tutela della prole, sulla base dei criteri ispiratori dell’affidamento condiviso. Tuttavia la soluzione è esperibile soltanto allorché sussista un lieve grado di conflittualità tra i coniugi, in modo da agevolare in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico per i figli minori. Tuttavia allorché viceversa vi siano situazioni foriere di conflittualità ed i contrasti tra i coniugi siano di particolare rilevanza, non è possibile suddividere la casa coniugale in due parti in quanto ciò non farebbe altro che aumentare la crisi fra i genitori e compromettere la serenità dei figli.
Di norma gli oneri condominiali spettano al coniuge che ottiene l’assegnazione della casa coniugale. Ciò sempreché l’altro coniuge non si sia accollato nell’atto di separazione il mutuo e le spese ordinarie e straordinarie degli immobili.
L’azione revocatoria prevista dall’art. 2901 c.c. può essere proposta dal creditore dimostrando l’esistenza di un atto di liberalità, ovvero in caso di atti a titolo oneroso dimostrando che chi ha acquisito il bene era a conoscenza dello stato di insolvenza. Allorché il trasferimento di proprietà venga effettuato nell’ambito del processo di separazione, deve essere confermato il rigetto di una domanda di revoca proposto dalla Banca ex art. 2901 c.c. dell’atto di donazione posto in essere da parte del fideiussore che prestò la garanzia in favore della società poi fallita, dovendosi escludere la natura meramente potestativa della condizione de qua come collegata ad un preciso interesse economico dell’alienante, vale a dire quello di procedere alla definitiva sistemazione dei rapporti patrimoniali riguardanti i figli e l’ex coniugi dopo la separazione personale. Si deve invece qualificare la convenzione intercorsa tra le parti escludendone il carattere di liberalità, trattandosi viceversa di un negozio di un adempimento a contenuto economico assunto dall’alienante onde pervenire ad una completa sistemazione dei rapporti patrimoniali fra i coniugi ed all’obbligo di mantenimento nei confronti della prole.
Il provvedimento, pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio, di assegnazione in favore del coniuge affidatario dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti della casa coniugale non modifica né la natura, né il contenuto del titolo di godimento dell'immobile già concesso in comodato da un terzo per la destinazione a casa familiare; pertanto, la specificità della destinazione, impressa per effetto della concorde volontà delle parti, è incompatibile con un godimento contrassegnato dalla provvisorietà e dall'incertezza, che caratterizzano il comodato cosiddetto precario, e che legittimano la cessazione ad nutum del rapporto su iniziativa del comodante, con la conseguenza che questi, in caso di godimento concesso a tempo indeterminato, è tenuto a consentirne la continuazione anche oltre l'eventuale crisi coniugale, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno.
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