Spetta al giudice civile stabilire se sussistano i presupposti per la delibazione della sentenza canonica. Non può essere delibata la sentenza di nullità del matrimonio concordatario per volontà di escludere la prole se c'è di mezzo una lunga convivenza tra i coniugi.
La Suprema Corte, pronunciandosi per la prima volta sulla corrispondente fattispecie, ha ritenuto configurabile la sospensione ex art. 295 cod. proc. civ. del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio che penda contemporaneamente a quello riguardante l’annullamento della separazione consensuale omologata tra gli stessi coniugi.
Vi è piena identità di disciplina tra scioglimento e cessazione degli effetti civili, né rileva che la domanda di divorzio sia presentata come scioglimento di matrimonio concordatario o magari come cessazione del matrimonio civile, dovendo evidentemente il giudice far riferimento al petitum e alla causa petendi sostanziali ed effettivi; né sarebbe legittimo il rifiuto da parte dell'Ufficiale dello Stato civile della prescritta annotazione sull'atto di matrimonio se erroneamente nella sentenza si parlasse di scioglimento in caso di cessazione degli effetti civili o viceversa (confermata, nella specie, la decisione dei giudici del merito che avevano disatteso la tesi della moglie circa la violazione dell'art. 183 c.p.c. da parte del marito, che aveva proposto domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, che invece era stato celebrato civilmente, domanda poi modificata nel corso del giudizio in quella di scioglimento del matrimonio.
In caso di richiesta congiunta di divorzio risulta inammissibile la rinuncia di uno dei due coniugi, potendo rinunciare alla domanda congiunta soltanto entrambe le parti, insieme. Solamente in ipotesi di errore, violenza o dolo a danno di una delle parti, questa avrebbe la facoltà di chiedere l'annullamento del proprio consenso, invalidamente prestato, mentre non può essere ritenuta ammissibile una revocabilità "ad nutum", frutto di un immotivato "pentimento".
Nel corso di un procedimento di divorzio , le condizioni patrimoniali e sulla prole concordate tra le parti possono venire integralmente recepite nella decisione del giudice, qualora esse non appaiano contrarie a norme imperative o di ordine pubblico.
In tema di divorzio congiunto, la revoca del consenso non è ammissibile quando immotivata e unilaterale. È possibile solo nel caso in cui marito e moglie siano d'accordo o quando uno dei due coniugi sostenga di essere tornato sulla propria decisione perché vittima di violenza, dolo o perché incorso in un errore essenziale.
Ogni patto stipulato in epoca antecedente al divorzio volto a predeterminare il contenuto dei rapporti patrimoniali del divorzio stesso deve ritenersi nullo; è consentito, invece, che le parti, in sede di divorzio , dichiarino espressamente che, in virtù di una pregressa operazione (ad es. trasferimento immobiliare) tra di esse, l'assegno di divorzio sia già stato corrisposto una tantum , con conseguente richiesta al giudice di stabilire conformemente l'assegno medesimo, ma in assenza di tale inequivoca richiesta è inibito al giudice di determinare l'assegno riconoscendone l'avvenuta corresponsione in unica soluzione. Del tutto diversa è l'ipotesi in cui le parti abbiano già regolato i propri rapporti patrimoniali e nessuna delle due richieda un assegno (tale regolamento, infatti, non necessariamente comporta la corresponsione di un assegno una tantum , potendo le parti avere regolato diversamente i propri rapporti patrimoniali e riconosciuto, sulla base di ciò, la sussistenza di una situazione di equilibrio tra le rispettive condizioni economiche con conseguente non necessità della corresponsione di alcun assegno), nel qual caso l'accordo è valido per l'attualità, ma non esclude che successivi mutamenti della situazione patrimoniale di una delle due parti possa giustificare la richiesta di corresponsione di un assegno a carico dell'altra. (Nella fattispecie la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, escluso che i coniugi avessero dichiarato l'avvenuta corresponsione una tantum dell'assegno di divorzio in virtù di una precedente operazione di trasferimento immobiliare, aveva proceduto alla determinazione dell'assegno medesimo su richiesta di modifica delle condizioni di cui alla sentenza di divorzio presentata da uno degli ex coniugi).
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