L'art. 156, comma 2, c.c. stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell'assegno "in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato", mentre l'assegnazione della casa familiare, prevista dall'art. 155 quater c.c., è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno previsto dall'art. 156 c.c.; tuttavia, allorché il giudice del merito abbia revocato la concessione del diritto di abitazione nella casa coniugale (nella specie, stante la mancanza di figli della coppia), è necessario che egli valuti, una volta in tal modo modificato l'equilibrio originariamente stabilito fra le parti e venuta meno una delle poste attive in favore di un coniuge, se sia ancora congrua la misura dell'assegno di mantenimento originariamente disposto.
In materia di separazione dei coniugi è legittima la richiesta di diminuzione dell'assegno di mantenimento formulata dal coniuge obbligato al relativo versamento quando venga provato che la figlia (nel caso di specie trentenne), in favore della quale detto assegno viene corrisposto, ha iniziato il suo percorso nel mondo del lavoro, anche se solo con contratti a progetto che non le danno la sicurezza e l' autonomia economica .
Pur dovendosi ritenere, in linea di principio, che il matrimonio della prole maggiorenne già destinataria del mantenimento a carico di ciascun genitore ne comporta l'automatica cassazione, una giovane, figlia di genitori separati, maggiorenne, studentessa, priva di ogni autonomia economica e permanentemente abitante con la madre, conserva il diritto al mantenimento nei confronti del padre, anche se essa è coniugata, ma non coabitante, con un giovane anch'egli studente e privo di ogni autonomia economica.
Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne, gravante sul genitore (tanto separato quanto divorziato) non convivente sotto forma di obbligo di corresponsione di un assegno ex art. 156 c.c., cessa all'atto del conseguimento, da parte figlio, di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato (non rilevando, all'uopo, il tenore di vita da lui condotto in costanza di matrimonio o durante la separazione dei genitori), poiché il fondamento del diritto del coniuge convivente a percepire l'assegno de quo risiede, oltre che nell'elemento oggettivo della convivenza (che lascia presumere il perdurare dell'onere del mantenimento), nel dovere di assicurare un'istruzione ed una formazione professionale rapportate alle capacità del figlio (oltreché alle condizioni economiche e sociali dei genitori), onde consentirgli una propria autonomia economica, dovere che cessa, pertanto, con l'inizio dell'attività lavorativa da parte di questi.
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