In tema di separazione personale dei coniugi, l'art. 155 comma 4 c.c. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 1 l. 8 febbraio 2006 n. 54), il quale dispone che l'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli, non detta una regola assoluta che rappresenti una conseguenza automatica del provvedimento di affidamento, ma attribuisce un potere discrezionale al giudice, il quale può pertanto limitare l'assegnazione a quella parte della casa familiare realmente occorrente ai bisogni delle persone conviventi nella famiglia, tenendo conto, nello stabilire le concrete modalità dell'assegnazione, delle esigenze di vita dell'altro coniuge e delle possibilità di godimento separato e autonomo dell'immobile, anche attraverso modesti accorgimenti o piccoli lavori. L’art. 155 comma 4 c.c., è finalizzata all'esclusiva tutela della prole e all'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta e quindi alla conservazione dell'habitat domestico inteso quale centro degli affetti, interessi e consuetudini nei quali si esprime e si articola la vita familiare. Ne consegue che il Giudice di merito, nel determinarsi in ordine alla assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario dei figli, deve avere esclusivo riguardo all'interesse della prole a conservare il proprio habitat nel quale è cresciuta e può, sempre al fine di rispettare e tutelare l'interesse della prole, giungere a sacrificare le esigenze di vita dell'altro coniuge, anche collegate allo svolgimento nell'abitazione familiare di un'attività lavorativa o imprenditoriale. In tema di provvedimenti emessi nel giudizio di separazione personale, il giudice può limitare l'assegnazione della casa familiare alla parte occorrente ai bisogni del coniuge assegnatario e dei figli conviventi, tenendo conto delle esigenze di vita dell'altro coniuge e delle possibilità di godimento separato dell'immobile.