Il vincolo di accessorietà tra due pretese giudiziali, ex art.31 cod. proc. civ., tale da giustificarne il cumulo e la trattazione congiunta ai sensi dell'art. 40, comma terzo, cod. proc. civ., nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990, sussiste allorché l'una, oltre a connotarsi per il contenuto meno rilevante, risulti obiettivamente in posizione di subordinazione o dipendenza rispetto all'altra, nel senso che il petitum e il titolo della causa accessoria, pur mantenendo la loro autonomia, non possano concepirsi se non come storicamente e ontologicamente fondati su quelli della causa principale. Una tale situazione processuale non si verifica fra la domanda di divorzio e quella di scioglimento della comunione legale e di divisione dei beni dacché, per un verso, non è lecito assegnare a quest'ultima il ruolo di domanda accessoria - in quanto sia dal punto di vista giuridico sia, soprattutto, da quello pratico, non può considerarsi meno importante rispetto alla prima - e, per altro verso, non ricorre alcuna dipendenza sostanziale, nel senso sopra precisato, fra le due pretese, posto che la domanda di scioglimento della comunione legale e di divisione dei relativi beni non postula la richiesta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ben potendo la parte chiedere la divisione dei beni (una volta passata in giudicato la sentenza di separazione) senza dovere necessariamente e contestualmente avanzare domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.