Non commette reato la donna che, benché sia a conoscenza del divieto di surrogazione di maternità previsto in Italia, si rechi egualmente all’estero ove tale pratica è legittima e dichiari il bambino come suo, in loco.
Infatti la legge dell’Ucraina ove si era rivolta la donna, ammette la maternità surrogata laddove il 50% del patrimonio genetico del nato provenga da uno dei genitori committenti.
La Cassazione ha escluso il reato in ipotesi di dichiarazione di nascita effettuata ai sensi del Dpr. N° 396/2000 art. 15 in ordine alle dichiarazioni rese alle autorità consolari sulla base di un certificato redatto dalle autorità ucraine, le quali indicano chiaramente come genitori i richiedenti, in conformità delle norme stabilite dalla legge sul posto.