Ha errato il giudice di primo grado che non addebita la separazione al marito allorché questi sia responsabile della cattiva gestione dell’azienda agricola comune, fino al punto di opporsi a che la moglie possa partecipare della gestione nell’azienda, approfittando della sua sudditanza psicologica.
Infatti gli art.li 143 e 144 c.c. impongono ai coniugi l’obbligo reciproco di collaborazione e di concorde determinazione dell’indirizzo della vita familiare, con la conseguenza che, se i coniugi esercitano congiuntamente un’attività economica per trarne i mezzi di sostentamento della famiglia, essi devono collaborare in posizione paritaria nell’esercizio e nella gestione dell’attività comune. Va quindi addebitata la separazione al marito allorché questi pretenda di gestire l’azienda in modo assolutamente unilaterale, appropriandosi peraltro di beni siti all’interno ed escludendo totalmente l’altro coniuge.