Un problema frequente per il coniuge che ottenga dal tribunale il mantenimento per sé o per i figli, è quello di poter effettivamente esercitare tale diritto, laddove talvolta il coniuge obbligato, per sottrarsi all’adempimento, pone in essere una serie di atti artatamente finalizzati alla trasformazione di un facoltoso manager in un frequentatore della mensa della Caritas locale. La tutela prevista dal comma dell’art. 7, comma 7 della legge divorzile n. 898/70 e successive modifiche, consiste nel potere ottenere da parte del Tribunale tempestivamente il sequestro dei beni del coniuge obbligato tenuto al versamento dell’assegno.
Non è una procedura che viene utilizzata di norma, in quanto ove il coniuge obbligato sia intestatario di immobili con il titolo esecutivo (ma solo con la sentenza finale) è possibile più semplicemente iscrivere immediatamente ipoteca giudiziale senza ricorrere al giudice, ai sensi del 2° comma dell’art. 8 della legge sul divorzio, mentre per ciò che riguarda le retribuzioni periodiche si può richiedere il pagamento diretto al datore di lavoro ai sensi del comma terzo e successivi dell’art. 8.
Per gli altri crediti (depositi bancari e similari) viene utilizzata l’ordinaria procedura del pignoramento presso terzi.
Può accadere tuttavia che la moglie si trovi in situazioni nelle quali il coniuge obbligato al mantenimento stia rapidamente ponendo in essere azioni che tendono a renderlo nullatenente e quindi non aggredibile esecutivamente (cessione a terzi di attività commerciali, sostituzione di soci in una azienda e simili).
In questo caso è possibile ricorrere al sequestro dei beni dell’obbligato prima che egli completi l’operazione di spoliazione.
I PRESUPPOSTI DEL SEQUESTRO DIVORZILE
Si noti che per ottenere un simile provvedimento dal magistrato, la legge fa riferimento non solo al soddisfacimento, ma anche che siano “conservate le ragioni del creditore”.
Quindi si tratta di un provvedimento che può essere richiesto sia in corso di causa che successivamente, purché sussista la ragionevole presunzione che il coniuge obbligato possa sottrarsi al pagamento del dovuto.
E’ importante rilevare che il sequestro previsto dalla legge divorzile, secondo la giurisprudenza corrente, non presuppone, a differenza del sequestro ordinario ex art. 671 c.p.c., l’accertamento del fumus boni juris e del periculum in mora, per il soddisfacimento del credito medesimo.
E’ sufficiente dimostrare infatti l’esistenza del credito, cioè l’importo dell’assegno determinato in sede di divorzio, in funzione dell’adempimento del soggetto obbligato.
Tale forma di sequestro, va ricordato, non ha natura cautelare e non è idonea a convertirsi in pignoramento, ma assolve la finalità di impedire la libera disponibilità dei beni o crediti dell’obbligato, a garanzia dell’adempimento degli obblighi di mantenimento.
ESTENSIONE FINO AL 50% DEL CREDITO
E’interessante segnalare un’altra caratteristica dell’istituto, laddove il comma 7 dell’art. 8 della legge divorzile, specifica espressamente come le somme spettanti a carico del coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno per i figli o la moglie, siano soggette a sequestro e pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell’assegno periodico per i figli e/o per il coniuge.
Tale norma che deroga il principio generale della sequestrabilità e pignorabilità fino al 20%, opera secondo una consolidata giurisprudenza, non automaticamente, ma mediante la preventiva autorizzazione del magistrato.
CARATTERISTICHE DEL SEQUESTRO DIVORZILE
Il ricorso va proposto autonomamente ed il provvedimento di sequestro concesso sulla base dell’assegno di mantenimento e dell’assegno divorzile è volto a garantire il relativo obbligo, presupponendo ovviamente l’esistenza di un diritto già sancito.
Quindi la funzione cautelare non si esaurisce nell’arco del giudizio di merito in modo similare al sequestro ordinario, ma produce effetti di garanzia permanente sino a che si protrae il diritto al mantenimento.
D’altra parte vi è anche da considerare che il sequestro previsto dalla normativa sul divorzio è un provvedimento cautelare non assoggettabile alla disciplina delle misure cautelari previste dagli art.li 633 bis e seg.ti c.p.c., né per il rito, né per i presupposti sostanziali.
Infatti il provvedimento va adottato dal Tribunale nelle forme della procedura camerale ex art. 737 e seg.ti c.p.c. e non può essere impugnato davanti alla Corte di Cassazione in quanto secondo l’attuale giurisprudenza si tratta di un provvedimento non decisorio né definitivo, avendo natura strumentale rispetto al diritto sostanziale di base.