Chi sperava di ottenere un rendimento dal proprio appartamento e chi ha investito la propria liquidazione nella casa è rimasto deluso e amareggiato.
Quando la tassazione arriva al 60% o più del rendimento dell’immobile sul quale il cittadino aveva fiduciosamente e faticosamente investito tutti i propri risparmi, il prelievo non può più essere considerata una forma legittima di tassazione, ma diviene, sfuggendo peraltro ad ogni criterio di proporzionalità, un’illegale espropriazione, ingiustificata ed incostituzionale, delle legittime aspettative e del reddito.
LA CASA QUALE MEZZO DI RISPARMIO DEGLI ITALIANI
A differenza del resto di Europa, in Italia vige la tendenza per cui il risparmio deve essere preferibilmente investito nel mattone.
Il patrimonio immobiliare dei cittadini ammonta a poco meno di 6 mila e 500 miliardi di euro, pari ad oltre quattro volte il PIL nazionale.
Il tasso di risparmio delle famiglie italiane è sempre stato fra i più elevati in Europa, tradizionalmente indirizzato verso un investimento ben tangibile quale appunto un immobile.
Infatti circa 2/3 della ricchezza privata lorda italiana, valutata in oltre 9 mila miliardi di euro, è investita in case e solo il residuo terzo fa riferimento all’attività finanziaria.
E’ un fatto oggettivo che circa l’80% delle famiglie italiane, a differenza del resto d’Europa, sia proprietario di un’abitazione.
E’ molto frequente, per esempio che il cittadino, al termine della propria attività lavorativa sia solito investire il proprio TFR nell’appartamento di residenza o in quello di vacanza.
UNA TASSAZIONE DEL TUTTO INIQUA
Tuttavia le aspettative delle famiglie di poter ottenere un reddito sia pur modesto (dal 3% al 5%) dal proprio investimento immobiliare, sono state frustrate via via dal sovrapporsi nel tempo di una nutrita serie di tasse ed oneri fiscali che di fatto hanno comportato la riduzione del rendimento relativo a soli due o tre mesi del canone annuo percepito. In pratica , è come se per nove mesi all’anno l’affitto lo riscuotesse il Fisco.
Ciò senza contare che spesso il rendimento viene di fatto annullato del tutto, tenendo conto che al proprietario vengono accollate per legge le spese straordinarie condominiali e quelle relative al proprio immobile.
Lo Stato assetato di danaro, anziché promuovere la ripresa economica facilitando l’iniziativa privata, e quindi anche l’edilizia ed il settore collegato, ha cercato di trarre danaro dai beni visibili e facilmente aggredibili, come appunto gli immobili.
Attualmente a partire dall’acquisto, sulla casa gravano:
Iva o Imposta di registro sulla compravendita
Cedolare secca
Imu
Oneri ipocatastali
Irpef
Iscoop (imposta di scopo demandata ai Comuni),
Ivie (immobili eventualmente posseduti fuori dal territorio nazionale)
Oneri per i passi carrabili
Oneri di registrazione per la locazione
Tares
Tefa (tributo per gli esercizi di funzioni ambientali)…
e crediamo di averne dimenticata qualcuna.
Le case costituiscono un bene indifeso ed indifendibile e come tale il più vulnerabile e facile da aggredire da parte dello Stato.
Secondo i dati della CGIA di Mestre il peso tributario sugli immobili nel 2014 sarà superiore ai 50 miliardi di euro con un aumento rispetto l’anno scorso di quasi tre miliardi.
La cosa tuttavia più rilevante è che dal 2007 al 2014 il gettito fiscale derivante dalle case è salito del 78%.
Se lo scopo era di affossare il settore immobiliare che costituisce una buona fetta del settore produttivo nazionale, il bersaglio è stato pienamente raggiunto.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Lo Stato in tutte le sue forme di fatto ha reso oggi l’investimento immobiliare di bassissimo o di alcun rendimento.
Le compravendite chiuse nel 2012 sono calate del 25% rispetto all’anno precedente, ove erano già calate ampiamente, il che non accadeva da prima degli anni ’80.
Gli immobili sono caduti di prezzo di almeno il 30% e la discesa dei prezzi non può che proseguire, soprattutto per gli appartamenti fuori città e di vacanza, che hanno subito contrazioni economiche disastrose.
Le case in località marine, si vendono anche al 50% del valore di cinque o sei anni fa.
Le case in montagna sono fuori mercato per assenza di domanda.
Tali circostanze, unite alle difficoltà della banche nel concedere mutui, ha portato il settore immobiliare ad una situazione di default.
Sul mercato pesa un clima ormai di sfiducia e semplicemente nessuno, se non per abitarvi, ritiene l’investimento immobiliare, allo stato delle imposizione fiscali attuali, in qualche modo remunerativo.
LA SITUAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO DELLE IMPRESE EDILIZIE
Nel campo delle attività edilizie, nel 2012 hanno chiuso quasi 62mila imprese di costruzioni, stando ai dati Istat.
Circa 100mila lavoratori del comparto sono rimasti privi di lavoro.
Se dunque le compravendite sono ferme, salvo quelle delle case di abitazione, che comunque hanno subito un calo dei prezzi almeno del 30% circa, il settore collegato ha semplicemente chiuso i battenti.
Per la prima volta, per quanto ricordi, la contrazione del lavoro ha costretto i notai a licenziare personale o a ridurre l’orario di lavoro delle segretarie.
Se certamente la crisi dei notai supponiamo non impietosisca il pubblico, del tutto diversa è la situazione delle centomila persone del comparto che hanno perso il lavoro e dei 50mila lavoratori delle industrie collegate.
Molti avvocati hanno constatato il singolare fenomeno per cui imprese di costruzione consolidate nel tempo, hanno interrotto la propria attività rinunciando alla costruzione anche su terreni acquistati e con i permessi di costruire in corso di rilascio, tenuto conto dell’impossibilità di vendere le case già costruite ed essendo costrette le imprese a far fronte direttamente ai mutui assunti per non incorrere nel fallimento.
L’INVESTIMENTO IMMOBILIARE ALL’ESTERO
Consci di questa situazione giungono sollecitazioni alla svendita degli immobili in Italia e all’investimento del danaro in case all’estero da più parti.
La possibilità di dirottare i propri investimenti e le proprie risorse in Stati con politiche meno ottuse, come sappiamo, sta divenendo un reale stimolo.
Si è già detto, fra i tanti, di Malta che garantisce con l’acquisto di case sul territorio rendimenti che oscillano dal 5% al 6% annui detratte le tasse, con un’imposizione fiscale che non supera il 19% globalmente, con contestuale offerta della cittadinanza in caso di rilevanti investimenti.
Dubai si offre come punto di investimento anche per piccoli capitali, e gli Emirati Arabi Uniti sono l’unico paese arabo ad essere inserito nell’elenco delle economie globali guidate dall’innovazione ed il proprio mercato immobiliare si è confermato come il più trasparente in tutta l’aerea, garantendo un rendimento netto del 6,89% all’anno.
Il Costarica invia pubblicità con l’intestazione “Goditi la tua pensione in Costarica dandogli più valore” accentuando la possibilità anche con cifre modeste di investimenti immobiliari in villini sul mare con rendimenti elevati e costi di acquisto particolarmente ridotti, evidenziandosi come la Svizzera del centro America, quale Stato privo di esercito dal 1948 ed impegnato alla diffusione della pace in tutto il centro del Sudamerica.
L’INCOSTITUZIONALITA’ E LA MANCANZA DI PROPORZIONALITA’
Se dunque il piccolo proprietario è esasperato da tale modo di agire, perché non si può non condividere la delusione di chi ha investito, dopo una vita di lavoro, il proprio TFR su un immobile contando legittimamente di ricavarne un rendimento e poi si veda espropriato tale rendimento da un colpo di mano dell’Amministrazione Pubblica, sussiste anche un profilo di illegittimità dal punto di vista giuridico.
Infatti in modo evidentissimo un prelievo eccessivo su una singola tipologia di beni, viola i dettati costituzionali della proporzionalità, laddove tassi e percentuali così elevati di tassazione, dovrebbero riguardare capitali molto rilevanti, al di sopra di una certa soglia, mentre invece finiscono con il colpire il piccolo risparmiatore il quale ha investito tutto ciò che possedeva in un immobile dal quale contava legittimamente di percepire un reddito aggiuntivo per migliorare la propria pensione.
MANCANO MISURE ADEGUATE
E’ davvero singolare che, dopo l’inizio della crisi del 2008, mentre nella maggior parte degli Stati moderni interessati, si sono promulgate leggi che hanno favorito la ripresa dell’iniziativa privata, che in ultima analisi, costituisce il volano dell’economia, riducendo drasticamente il costo del lavoro, con forti facilitazioni contributive per le assunzioni, si è semplificata la normativa, non si sono aumentate le tasse e si è instaurato un rapporto collaborativo tra fisco e cittadino nell’interesse di entrambi, i nostri amministratori procedono in senso opposto con l’unico obiettivo di far incassare più danaro possibile allo Stato, senza efficaci misure per le nuove iniziative, che significano ripartenza del mercato del lavoro e dell’indotto.
E’ difficile pensare ad investire risorse personali e danaro in Italia, (e questo vale sia per il bar sotto casa che per aziende con migliaia di dipendenti), quando l’unica risposta che si percepisce dallo Stato è l’incapacità di emanare adeguate norme per la ripresa dell’economia, anche perché da anni tutte le iniziative sono finalizzate solo alla lotta politica per il sopravvento di una parte sull’altra.
Nessuno interviene su una tassazione iniqua al di fuori di ogni ragionevolezza e con la minaccia di sanzioni inaccettabili ed irrazionali, sia per gli importi che per la rigidità applicativa, salvo dopo qualche suicidio, introdurre in modo più o meno esplicito qualche condono.
A differenza di altri Paesi, non è stata introdotta alcuna reale facilitazione, semplificazione o stimolo per chi intenda aprire una qualsiasi attività imprenditoriale, come se fosse una colpa.
Nessuna riduzione contributiva o fiscale concreta esiste per chi voglia assumere un dipendente o un collaboratore, anzi costringendo l’interessato a destreggiarsi tra una infinità di norme sovrapposte tra loro ed incomprensibili, il cui unico scopo sembra essere quello di lasciare nell’incertezza.
L’unica certezza che percepiamo è che lo Stato progressivamente è divenuto l’azionista di maggioranza dei nostri beni.