La questione nasceva dalla circostanza per la quale entrambi i coniugi avevano costruito con denaro comune un fabbricato su un terreno di proprietà di uno solo di essi.
Il terreno era pervenuto all’altro coniuge mediante la successione paterna.
La moglie riteneva che, essendo i coniugi in comunione dei beni, il fabbricato dovesse ritenersi di proprietà al 50% e quindi fosse autorizzata a disporre del bene per la propria quota.
La questione perveniva alla Corte Suprema di Cassazione che con sentenza n. 10727 del 22/04/2024 accoglieva le contestazioni del marito.
La Corte rilevava innanzi tutto che non costituiscono oggetto di comunione legale dei beni tra l’altro gli immobili caduti in successione.
Pertanto indubbiamente il marito era proprietario del terreno sul quale era stato costruito il fabbricato.
Infatti la norma generale di cui all’art. 934 c.c. statuisce che tutto ciò che è edificato sul terreno di proprietà esclusiva diviene di proprietà del proprietario dell’area.
Inoltre la normativa sul regime patrimoniale regolamentata dagli art.li 177 e 179 c.c. stabilisce che, fanno parte della comunione, tutti i beni con esclusione tra l’altro dei beni pervenuti per successione come nel caso specifico.
Il terreno risultava di proprietà del padre del marito ed era stato trasmesso al figlio quale erede alla morte del proprietario.
La sentenza della Corte d’Appello che aveva dichiarato come non fossero stati acquisiti altri elementi di prova in aggiunta alla denuncia di successione, per accertare che effettivamente il terreno fosse di proprietà esclusiva del marito, ha violato la disposizione di cui all’art. 179 c.c. in quanto, da un lato non ha considerato che i beni ricevuti in successione non sono oggetto di comunione legale e dall’altro ha violato l’art. 2697 c.c. sull’onere della prova.
Ciò in quanto la denuncia di successione attestava i beni compresi nella successione, del padre, dei quali il marito era divenuto proprietario e, a fronte di tali dati, era onere della moglie dimostrare il titolo di comproprietà.
Posto quindi che il terreno non era compreso nella comunione legale, va escluso che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio in regime di comunione legale di entrambi i coniugi su quel terreno, fosse stata acquisita in comproprietà fra i coniugi, dovendosi applicare il principio generale della accessione di cui all’art. 934 c.c. che non trova alcuna deroga nella disciplina della comunione legale.
Il proprietario del suolo quindi acquista ipso jure, al momento dell’incorporazione la proprietà della costruzione.
Ovviamente resta al coniuge non comproprietario che ha contributo all’onere della costruzione, previo assolvimento dell’onere della prova, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro, tutte le somme spese a tal fine.
La differenza ovviamente è che mentre il valore del fabbricato segue l’aumento di valore del mercato degli immobili, per quanto riguarda le somme materialmente spese. la moglie avrà diritto soltanto alle spese originarie oltre gli interessi legali.
MASSIMA
Cass. n. 10727 del 22/04/2024
Non ricade in comunione dei beni il fabbricato costruito sul terreno di proprietà dell’altro coniuge e pervenuto in successione per il principio dell’accessione ex art. 934 c.c.
Non sussiste deroga in tal senso trattandosi di un bene pervenuto in successione e come tale escluso dalle comunioni legali ai sensi degli art.li 177 e 179 c.c.