Davvero singolare la vicenda di cui si è occupata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n° 13316 pubblicata il 16/05/2023 con la quale, a differenza di ciò che aveva fatto il Tribunale, viene riconosciuto all’anziana donna un assegno divorzile di € 400,00 a carico del marito.
La particolare fattispecie che trovava decisioni difformi tra il Tribunale e la Corte d’Appello, si basava sul fatto che la ricorrente ora in età senile (84 anni) l’anziana donna aveva interrotto l’attività lavorativa intorno ai quarant’anni e si era dedicata alla famiglia con il consenso del marito.
Sosteneva quindi di aver fornito un ampio contributo personale e patrimoniale alla vita familiare e dunque ora, in età molto avanzata, trovandosi in difficoltà, e stante l’enorme differenza di redditi, riteneva giusto richiedere l’assegno divorzile all’anzianissimo marito (94 anni).
Il Tribunale respingeva la domanda in quanto rilevava sostanzialmente che il ritiro dal lavoro era stato deciso in modo volontario, che inoltre la moglie aveva venduto un immobile di elevato valore e che, durante il matrimonio, il marito già gestiva uno studio notarile avviato, per cui non poteva parlarsi di contributo dato alla formazione del patrimonio familiare.
Di contrario avviso era la Corte d’Appello di Salerno che invece riteneva, pur non essendosi fornita alcuna particolare prova, come l’esistenza di un forte squilibrio fra le posizioni economiche apriva la strada in favore dell’ex coniuge economicamente più debole, tale da giustificare l’attribuzione di un assegno divorzile.
Ricorreva in Cassazione l’ex notaio rilevando, da un lato che non era stata fornita alcuna prova di quanto sostenuto e, dall’altro che non era affatto vero che la moglie avesse fornito un contributo personale, anzi non vi era stata alcuna solidarietà coniugale proprio per colpa della ex moglie, peraltro accusata anche di maltrattamenti fisici e morali nei confronti del marito.
La Cassazione confermava il diritto all’assegno divorzile e si rifaceva in tal senso all’orientamento attuale in tema di assegno divorzile, rilevando che il contributo, al mantenimento, non ha soltanto funzione assistenziale, ma, come statuito anche di recente dalla Suprema Corte, deve essere valutata anche la componente compensativa e perequativa del contributo rapportata all’inadeguatezza dei mezzi ed all’oggettiva incapacità di procurarseli.
Nel caso specifico la Suprema Corte rilevava che l’interruzione del lavoro all’età di 42 anni sicuramente era stata una scelta comune così come il dedicarsi alla famiglia, attività che, regola di comune esperienza, non poteva non aver contribuito alla costituzione del patrimonio comune e dell’altro coniuge.
Pur non sussistendo una prova specifica in tal senso, come rilevava il marito nel ricorso, tuttavia gli elementi familiari presi in considerazione, costituivano presunzioni gravi, precise e concordanti su tali circostanze.
Dunque, una volta accertata l’enorme disparità di reddito, non poteva non negarsi l’assegno divorzile alla anziana donna in funzione compensativa e valutando che, se si era precocemente pensionata durante la vita coniugale, tale scelta non poteva non essere stata condivisa dal coniuge il quale, dedicatosi all’impegnativa attività di notaio, aveva sicuramente usufruito di un rilevante contributo domestico nello svolgimento dei compiti genitoriali da parete della moglie.