Di particolare interesse è la sentenza del Tribunale di Trani n° 3445 depositata il 30/08/2021 con la quale si affrontano due argomenti di estrema attualità.
Da un lato la necessità o meno del consenso di entrambi i genitori per la pubblicazione di immagini dei figli sui vari social, dall’altro il risarcimento del ritardo nella cancellazione, cosiddetto “astreinte” in applicazione dell’art. 614 bis c.p.c.
La vicenda trae origine dal fatto che la madre aveva inserito in internet nel sito Tik-Tok le immagini della figlia minorenne.
Il padre si era opposto, ma la madre non aveva inteso cancellare le immagini dal sito.
Per tali fatti il ricorrente, separato dalla moglie fin dal 2019, richiedeva l’ordine di rimozione dal social e l’inibizione della pubblicazione delle immagini e di video della figlia minore, rilevando che mancava il suo consenso.
Inoltre richiedeva un provvedimento di condanna ex art. 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nella cancellazione delle immagini di cui al ricorso.
Il Giudice monocratico del Tribunale adito dichiarava inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. rilevando che l’istante non aveva indicato nell’atto introduttivo, il giudizio di merito che avrebbe intrapreso in caso di accoglimento della domanda cautelare, ma non entrava nel merito.
Avverso il rigetto il genitore separato reclamava al Tribunale in Camera di Consiglio rilevando che, dal contenuto del ricorso, era possibile evincere l’instauranda azione di merito, senza necessità di una specificazione ad hoc ed insisteva nell’istanza di inibitoria nei confronti del comportamento dell’ex coniuge.
LA TUTELA DELL’IMMAGINE DEL MINORE ED IL CONSENSO DI ENTRAMBI
Il Tribunale collegialmente riteneva che la necessità della precisazione nel ricorso, delle conclusioni di merito, mancanza che avrebbe comportato l’inammissibilità della domanda cautelare, era stata rispettata proprio in quanto dal tenore complessivo era evidente l’azione intrapresa dal ricorrente, nella quale coincideva la richiesta cautelare con la pronuncia di merito (condanna alla rimozione di video e foto ed inibizione per il futuro della pubblicazione di ulteriori immagini della figlia).
Nel merito rilevava il Tribunale che sussistevano entrambi i requisiti per l’accoglimento della domanda sussistendo sia il periculum in mora che il fumus boni juris.
Infatti sotto quest’ultimo aspetto erano ravvisabili numerosi violazioni di norme nazionali, comunitarie ed internazionali.
L’art. 10 del codice Civile concernente la tutela delle immagini, gli art.li 1 e 16 della Convenzione di York del 20.11.1989 recepita in Italia dalla legge n. 176/1991 a tutela della privacy dei minori, l’art. 8 del Regolamento dell’Unione Europea n. 679/2016 che considera l’immagine dei figli quale dato personale ai sensi del Codice della privacy e specificatamente all’art. 4 lettera a, b e c del D.Lgs 196 del 2003 in tema di interferenza della vita privata dei minori che presuppone per la pubblicazione l’assenso di entrambi i genitori, in modo concorde tra loro e senza recare pregiudizio all’onore, al decoro ed alla reputazione dell’immagine del minore (art. 97 legge n. 633/41).
In tale prospettiva il Legislatore italiano all’art. 2 quinques del D.Lgs. n. 101/2018 ha fissato il limite di età da applicare in Italia a 14 anni.
Poiché nel caso in ispecie manca la prova del consenso del padre, né il fatto di essere meramente a conoscenza può configurare l’adesione alla pubblicazione, viceversa contestata con l’azione giudiziaria, né tantomeno fa luogo al consenso, neanche può considerarsi equivalente l’intervenuta transazione regolante i rapporti patrimoniali familiari nell’ambito della separazione, sussiste quindi la piena fondatezza della domanda del ricorrente.
Quanto al periculum in mora è evidente che, la pubblica fruizione di internet, la necessità di inibire la diffusione che poi non potrebbe più essere bloccata per il noto meccanismo estensivo della rete, il fatto che la diffusione delle immagini riguardi un numero indeterminato di persone conosciute e non, le quali possono essere anche malintenzionate e utilizzare le immagini per altri scopi, legittima la richiesta del padre e l’inibitoria immediata.
LA CONDANNA EX ART. 614 BIS C.P.C.
Il Tribunale accoglieva altresì la richiesta di condanna, per ogni giorno di ritardo, tenuto conto della necessità, nella vicenda in esame, di tutelare rapidamente l’integrità della minore, imponendo alla madre la diffusione dell’immagine a mezzo web.
Pertanto il Tribunale in adesione alla domanda, statuiva ex art. 614 bis c.p.c. la misura di € 50,00 dovuta dalla madre in favore della minore per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione, nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, somme da versarsi sul conto corrente in favore della medesima.
Condannava altresì la madre al ristoro delle spese di causa.