Affidamento condiviso non significa uguali tempi con ciascun genitore: lo dice la cassazione (n° 17221/00 16 giugno 2021)

Le associazione dei padri accolsero con indubbio giubilo la promulgazione della legge n° 54/2006 che per la prima volta introduceva il principio dell’affidamento condiviso del minore.
Con la tripartizione delle decisioni del giudice in tema di affidamento (di norma condiviso), collocamento (determinazione della residenza del figlio) e responsabilità genitoriale (decisioni ordinarie e straordinarie sul minore) si ipotizzava che, finalmente in questa maniera i padri, avrebbero avuto lo stesso tempo da passare con il minore rispetto quanto era concesso alla madre.
Le cose, come sappiamo, non andarono così.


AFFIDAMENTO CONGIUNTO ED ALTERNATO
Invero già in precedenza con le integrazioni della legge divorzile, modificata nel 1978 dalla legge n° 436 e nel 1987 dalla legge n° 74, era stato introdotto il cosiddetto affidamento congiunto o alternato.
In sostanza in un caso erano i figli che si alternavano per uguali periodi nella casa dell’uno o dell’altro genitore e, nell’altro caso, erano i genitori che si alternavano nella casa ove vivevano i figli per un periodo predeterminato.
L’esperimento non ebbe assolutamente esito positivo in quanto ingenerava nella prole un senso di estrema insicurezza ed instabilità e tutte le pronunce dell’epoca finirono per lo più con un constatato fallimento.
Con l’avvento dell’affidamento condiviso di cui alla legge n° 54 dunque si ipotizzava che si potesse tornare ad un periodo paritario da trascorrere con ciascun genitore.

LA DELUSIONE DEI PADRI
Tuttavia ben presto le speranze delle associazioni dei padri si rilevarono infondate in quanto di fatto non cambiò sostanzialmente nulla rispetto al passato, laddove per circa il 90% dei casi i figli in età preadolescenziale continuano ad essere collocati presso la madre.   
La Corte di Cassazione in effetti confermava tale orientamento rilevando che la prole ha necessità di stabilità per ciò che riguarda la residenza e i figli non possono essere considerati alla stregua di un pacco postale, trasferiti da una residenza all’altra in continuazione.
Conseguentemente i tempi di permanenza presso il padre, (il cosiddetto diritto di visita) è sempre stato ridotto in maniera notevole, in genere a due volte a settimana ed un fine settimana alternato all’altro, oltre che per la metà delle vacanze scolastiche natalizie e pasquali e per circa 15-20 giorni d’estate.

LA CONFERMA DELLA CORTE SUPREMA
La Corte è tornata sull’argomento con la sentenza n° 17221/21 depositata il 16 Giugno 2021, rigettando l’ennesimo ricorso di un padre che rivendicava periodi paritari per l’uno e per l’altro genitore.
La questione nasceva dal fatto che la Corte d’Appello di Torino, pur allargando i tempi di frequentazione del padre nei confronti dei figli e durante l’estate, tuttavia non accoglieva il ricorso per ottenere un’esatta parificazione temporale della frequentazione, fatto che peraltro andava ad incidere ovviamente anche sul mantenimento laddove sussistendo eguali i periodi, ciascuno genitore avrebbe sostenuto gli oneri per i figli per il periodo di propria spettanza.
La Cassazione rifacendosi ai precedenti orientamenti (Cass. 19323/2020 e 9764/2019) rilevava che il regime dell’affidamento condiviso seppur orientato alla tutela dell’interesse materiale e morale dei figli, così come statuisce la legge, deve da un lato permettere una frequentazione paritaria dei genitori, tuttavia dall’altro, dovendo far riferimento all’interesse della prole, è facoltà del giudice individuare una regolamentazione dei tempi che si discosti dal principio teorico, dovendo perseguire il magistrato esclusivamente il benessere della prole.
In sostanza dunque non si può dar corso, così come teoricamente farebbe ipotizzare l’idea di un affidamento condiviso, ad una parificazione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma è il giudice che, tramite una valutazione ponderata deve tutelare l’interesse dei figli, la loro stabilità, il loro benessere ed una crescita serena. In conclusione il magistrato dovrà, pur allargando il diritto di visita richiesto dal padre, tuttavia escludere la richiesta di collocamento alternato dei ragazzi (e cioè di eguali tempi per entrambi) in quanto ciò di fatto non corrisponde all’interesse dei minori, tanto più che nel caso in esame si trattava di adolescenti che gestivano di norma i propri tempi in modo autonomo.

Con il rigetto della domanda veniva condannato il padre, oltre che al pagamento di € 4.000,00 di spese legali, altresì al versamento del doppio contributo unificato.

Pubblicazioni Avv. Maurizio Bruno

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